lunedì 20 maggio 2013

Un film vale un libro? Eterne disquisizioni sugli adattamenti cinematografici

Da mesi l'attenzione mediatica si è concentrata sulla quarta versione cinematografica (regia di Baz Luhrmann) de Il Grande Gatsby, romanzo del 1925 dell'americano Francis Scott Fitzgerald. Un film dalla lunga gestazione, la cui uscita è stata posticipata diverse volte per poi uscire in Italia il 16 maggio, in contemporanea con la proiezione all'apertura del Festival di Cannes, in programma in questi giorni.

Milioni e milioni di parole sono state usate per scrivere dell'eterna questione degli adattamenti cinematografici di libri, ma come ci si approccia alla relazione tra libro e film?
1. Il film basta e avanza. É scontato che l'industria cinematografica abbia un'influenza ed una presenza mediatica nettamente superiore a quella libraria, e quindi bisogna mettere in conto che una grande fetta degli spettatori guardi il film adattato dal libro e si fermi qui, giudicandolo come se fosse un film dalla sceneggiatura originale.
2. Per i puristi del libro. Uno degli aspetti più magici della lettura è lo spazio lasciato alla nostra immaginazione nel figurarci ambienti, atmosfere e personaggi che, per quanto siano descritti minuziosamente dall'autore, finiscono per essere immagazzinati nella nostra mente attraverso un processo strettamente personale condizionato da stati d'animo e circostanze del momento che cambiano da lettore a lettore. I lettori puristi  non vogliono quindi che qualcun'altro rovini la stretta relazione tra libro e lettore e che un regista si "intrometta" fornendo interpretazioni che distorcano il mondo che i lettori si erano creati leggendo il testo.
3. Curiosità. Se invece si vogliono sperimentare entrambe le strade, la sequenza meno traumatica da seguire è forse quella che prevede prima la lettura del libro e dopo la visione dell'adattamento cinematografico. Così facendo non si rischia di rovinare l'alchimia che si crea leggendo il libro, ma si anzi si confronta la propria interpretazione con quella del regista e dello sceneggiatore, in che modo abbiano interpretato le stesse parole che noi abbiamo letto. 
4. Alla rovescia.  Per gli amanti del rischio! Ovvero guardare il film e successivamente immergersi nel libro: il libro nella maggior parte dei casi risulterà più ridondante e ricco di particolari e la possibilità di interpretarlo in modo personale verrà azzerata perchè nella nostra mente ogni personaggio avrà già un volto (quello dell'attore nel film) e gli ambienti descritti prenderanno per forza la forma di quelli allestiti sul set. 
A questo proposito, una curiosità legata ad un film anni '40. Nel 1949 uscì Il terzo uomo, film noir diretto da Carol Reed ed interpretato tra gli altri da Joseph Cotten e Orson Welles, la cui sceneggiatura fu scritta da Graham Greene, autore inglese. Greene parallelamente alla realizzazione della sceneggiatura scrisse anche un romanzo che fu pubblicato l'anno dopo l'uscita del film: le differenze tra libro e film sono notevoli (anche se scrittore e sceneggiatore sono gli stessi) e sottolineano come la storia debba essere adattata ai diversi media in modo da risultare ottimamente fruibile. 
Fortunatamente, oggi più che mai, la scelta della fruizione è lasciata allo spettatore/lettore che ha a disposizione diversi canali per immergersi nel mondo  artistico, usando a proprio piacimento il rapporto libro/film.

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